Quando si parla di normative che regolano la progettazione e la conduzione delle piscine in Italia ci si scontra con una forte difficoltà causata soprattutto dall’alternarsi di differenti normative e da una generale mancanza di chiarezza da parte del legislatore sulla reale validità in termini giuridici delle stesse.
Un’importante riforma prevde la tutela della salute tra le materie di legislazione concorrente per le quali spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
La prima norma specifica è la Circolare n°16 del Ministero dell’Interno del 15/02/1951:
il contenuto riguarda essenzialmente alcune norme sull’agibilità delle piscine, subordinata all’osservanza di regole quali: qualità dei rivstimenti, impianti per i tuffi, capienza di pubblico, passaggi obbligati, servizi igienici, sistema di salvataggio.
20 anni dopo viene emanata dal Ministero della Sanità la Circolare n° 128, di scarso potere normativo ma di alto valore pratico, trattandosi comunque dell’unica comunicazione ufficiale da parte di un organisimo di governo sull’argomentol.
Introduce per la prima volta indicazionei pratiche sul trattamento dell’acqua sia sotto l’aspetto fisico che chimico e riporta una tabella contenente i requisiti chimico batteriologici richiesti dall’acqua della vasca.
Un anno dopo viene emanta la Circolare n°86 del 15/06/1972 del Ministero della Sanità che riporta alcune precisazionei rispetto alla precedente, ed introduce l’obbligo della vidimazione da parte della ASL del registro dei controlli da effettuarsi sull’acqua della vasca.
20 anni dopo esce l’Atto di Intesa Stato e Regioni del 11/07/1991 sugli aspetti igienico-sanitari concernenti la costruzione, manutenzione e vigilanza delle piscine ad uso natatorio, stabilendo i criteri di progettazione dei locali e le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua di approvvigionamento e di vasca. Costituisce di fato il primo riferimento di disciplina organica e tecnica che però risulta di difficile applicazione, soprattutto per le piscine più piccole e già esistenti.
Per questa ragione viene fortemente osteggiata dalle associazioni di categoria, il che porta all’emanazione di una circolare nel 1993 in cui si invita le regioni a non applicare le disposizioni contenute nell’Atto di Intesa.
Molte regioni, in assenza di altre norme, recepiscono ugualmente l’atto, altre come Veneto e Lombardia tengono fede alla circolare 128 o emanano un proprio atto legislativo regionale come fa l’Emilia Romagna.
Nel 2002 il Ministero della Salute viene riproposto un altro Atto di Intesa con qualche modifica rispetto a quello del 1991, ma che non trova l’approvazione delle realtà economiche e tecniche del settore e non vede mai la luce.
Nel frattempo viene emanato il Decreto Ministeriale il 18 Marzo 1886 relativo alle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi. Sebbene tale normal si riferisca soltanto agli impianti omologabili nei quali si svolgono manifestazioni e/o attività sportive regolate dal CONI è opportuno sottolineare che verrà richiamata dalla regolamentazione regionale soprattutto per quanto riguarda l’articolo 14 che tratta in specifico delle piscne.
In seguito viene emanata la Norma UNI 10637 nata nel 1997 e revisionata nel 2006, una norma tecnica e non una legge dello stato, che fornisce indicazioni per quanto concerne l’impianto di trattamento dell’acqua ed i requisiti chimico-fisici dell’acqua di approvvigionamento, di immissione dall’impianto di trattamento e di vasca, nonchè modalità e periodicità dei controlli da effettuare.
L’ATTUALE NORMATIVA IN VIGORE:
L'”accordo 16/01/2003 tra il Ministro della Salute, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sugli aspetti igienico-sanitari per la costruzione, la manutezione, e la vigilanza delle piscine a uso natatorio” è a tutti gli effetti la prima disposizione normativa nazionale che si occupa in modo attento e coerente di igiene delle piscine, ma soprattutto è la norma che introduce un concetto fondamentale: la tutela sanitaria degli utenti in piscina e le responsabilità di colore che sono preposti a garantirla.
L’accordo fissa i principi generali e i livelli minimi di sicurezza igienica da rispettare in tutto il territorio nazionale. Spetta alle regioni il compito di emanare specifiche norme di attuazione. Riprendendo i capitoli principali dell’Atto di Intesa, fissa solamente i principi generale, i requisiti fondamentali sui cui le regioni potranno sviluppare la loro disciplina.
L’accordo non è un atto politico normativo bensì un accordo politico-istituzionale che impegna le regioni a produrre atti coerenti con la disciplina concordata.
Quasi tutte le regioni negli anni successivi hanno recepito l’accordo con delibera di giunta, che è entrato in vigore subito per la parte riguardante i requisiti igienico ambientali richiesti, validi su tutto il territorio nazionale e che non possono essere oggetto di deroga da parte delle regioni:
Emilia Romagna | Delibera | 18 Luglio 2005, n°1092 | |
LOmbardia | Delibera | 17 maggio 2006, n°8/2552 | |
Toscana | Legge Regionale | 9 marzo 2006, n°8 | Regolamento n°23 del 26 Febbraio 2010 |
Marche | Delibera | 24 luglio 2006, n°874 | |
Liguria | Delibere | 4 agosto 2006, n° 852 14 APRILE 2007, n°400 |
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Umbria | Legge Regionale | 6 febbraio 2007, n°117 | Regolamento n°2 |
Calabria | Delibera | 12 dicembre 2007, n°770 | |
Puglia | Legge Regionale | 15 dicembre 2008, n°35 | Manca il regolamento |
Trento | Delibera | 9 Marzo 2007, n°480 | |
Bolzano | Delibera | 28 giugno 2004, n°2360 | |
Molise | Legge regionale | 21 novembre 2008, n°33 | Manca il regolamento |
Repubblica di San Marino | Decreto | 2 Marzo 2006, n°50 |